Vittorio Parisi "Graffiti come Pittura: il mondo di Futura 2000"
Sono già passati alcuni decenni da quando i Graffiti di New York hanno varcato la soglia tra la loro condizione originale di pratica marginale e il mondo dell’arte istituzionale. Le etichette si sono progressivamente spostate da pareti e treni a tele durante gli anni Settanta, mentre gli anni Ottanta hanno visto gallerie d’arte americane ed europee – come Sidney Janis a New York, Willem Speerstra a Monaco o Agnes b. a Parigi – nel loro crescente interesse per il fenomeno del grafftismo. Lo stesso si può dire per le mostre dei musei, e si può pensare alla leggendaria New York / New Wave del 1981 al MoMA PS1, Graffti al Boijmans Van Beuningen Museum di Rotterdam nel 1983, o Arte di Frontiera alla Municipal Gallery of Modern Art in Bologna nel 1984. Tali eventi hanno dato una spinta fondamentale alla storicizzazione del movimento: un processo ancora in corso, come dimostra il numero di mostre retrospettive organizzate in tutto il mondo nell’ultimo decennio, da Parigi (Né dans la rue alla Fondation Cartier nel 2009; Le Pressionnisme alla Pinacothèque nel 2015) a New York (City As Canvas al Museum of the City of New York, 2014), da Los Angeles (Art in the Street al MOCA, 2010) a Venezia (The Bridges of Gra ti alla 56. Biennale, 2015).
Nonostante la storia dei graffiti di New York sia stata ampiamente documentata e raccontata, sembra che un adeguato riconoscimento da parte del mondo dell’arte istituzionale non sia stato pienamente realizzato, o almeno che musei, ricercatori e critici siano ancora troppo centrati sull’etnografia della città, aspetti sociali e politici (le sue origini in periferia, la sua funzione come strumento di riappropriazione dello spazio, la sua ambigua relazione con il cubo bianco tra gli altri) piuttosto che sui loro valori formali ed estetici.
Tuttavia, questi ultimi esistono e non devono essere lasciati inesplorati, poiché vale la pena trovarli all’interno di una narrazione più ampia: la storia della pittura alla fine del XX secolo. Per esplorare tali valori e ricollocare correttamente la scrittura nella storia, è necessario ripercorrere la produzione di alcuni dei suoi protagonisti e grandi innovatori. FUTURA 2000 è senza dubbio uno di quelli.

Cresciuto nell’Upper West Side, FUTURA 2000 si è spesso affermato in debito stilistico con i pionieri come STAY HIGH 149 e PHASE II, che erano già attivi nel 1971 quando il primo fece la scoperta dei tag lungo la linea della metropolitana IRT1. Entrambi gli artisti sono stati i protagonisti di una prima, fondamentale trasformazione avvenuta in quei primi anni: essendo nato come una sorta di gioco competitivo, principalmente consistente nel firmare compulsivamente muri e treni con pseudonimi, si è evoluto rapidamente grazie a loro in una pratica espressiva, fondato sulla ricerca di uno stile grafico originale e inimitabile. All’aumentare della padronanza delle bomboletta spray, le lettere che componevano i tag iniziarono a guadagnare volume e sfumature di colore, svilupparono fioriture, arabeschi e altri motivi ornamentali come scintille, gocce, frecce o personaggi presi in prestito dal mondo dei fumetti e dei cartoni animati. Alla fine degli anni Ottanta, il tagging aveva raggiunto il livello più alto di complessità, il cosiddetto stile selvaggio, di cui FASE II fu uno dei primi e più grandi interpreti di sempre. Dobbiamo a FUTURA 2000 un diverso tipo di trasformazione, in realtà un cambio di paradigma: lo stile diei graffiti si è spostato dall’essere essenzialmente un’arte della firma fino a diventare una vera forma di pittura. Ma mettiamo un po’ d’ordine in tale processo e concentriamoci un momento sul rapporto esistente tra arte e firme.

Futura 2000, Under Metropolis, 1983
Come ricordato da André Chastel nel suo saggio del 1974 Signature et signe, dal Rinascimento al XIX e XX secolo, la firma era diventata un elemento costante nei dipinti. Tuttavia, ha quasi sempre svolto un ruolo accessorio e piuttosto standardizzato nella composizione dell’opera: le firme sono nate per affermare e certificare l’individualità e l’autenticità del pittore e di solito non aggiungono nulla al soggetto dell’opera, né al suo equilibrio estetico, anche se in alcuni casi hanno finito per diventare iconiche – pensiamo ad artisti come Monet, i futuristi o Duchamp, tra gli altri. In tal senso, l’emergere della scrittura grafica rappresenta un curioso cortocircuito nella storia dell’arte, poiché ha innovato la funzione della firma nell’economia dell’opera d’arte: non più un elemento accessorio al contenuto, la firma è diventata l’effettiva soggetto del lavoro. In altre parole: la firma è il lavoro. Introdotta accidentalmente dalla scrittura grafica, tale identità tra firma e opera d’arte è tanto curiosa quanto senza precedenti. Durante i suoi primi anni come scrittore, FUTURA 2000 non faceva eccezione a questa rigida regola, e dal 1971 al 1974, proprio prima di unirsi alla Marina, produsse essenzialmente “opere d’autore”: etichette, lanci, pezzi di strada su pareti e treni.
Ma come possiamo definire una firma? Nonostante sia un atto quotidiano tra i più ordinari, l’apparente banalità della firma merita un’indagine filosofica. Nella sua teoria della documentalità, il filosofo italiano Maurizio Ferraris attribuisce alla firma una certa quantità di qualità. Dice, ad esempio, che: “Molto più che i nomi, le firme attestano una continuità con gli autori, e sembra che ci diano una parte di loro”, e che “Possiamo godere dell’effetto della firma anche parzialmente o totalmente ignorando il nome”. Nelle firme, aggiunge, “i nomi sono puramente accidentali”. In effetti, quando scriviamo il nostro nome, lo facciamo in ordine alfabetico, mentre quando lo firmiamo lo facciamo graficamente: nel primo caso, il nostro destinatario dovrà leggere le lettere, ma ciò che dovranno decodificare nella nostra firma è principalmente il nostro stile. Facciamo tutti lo stesso quando siamo di fronte a un tag, a un throw-up o a un graffito: non abbiamo davvero bisogno di leggere un nome, dobbiamo decodificare uno stile. Può sembrare evidente che, nonostante sia composto da lettere, un tag funziona meno come fenomeno letterale-alfabetico che come fenomeno puramente visivo. “In molte firme, i nomi sono assolutamente illeggibili”, afferma ancora Ferraris, e lo stesso vale quando si parla di graffiti, in particolare nel caso di caratteri jolly, in cui le lettere diventano così illeggibili che l’opera si sposta verso l’astrazione.

Graffiti su un treno di Futura 2000, 1980
Una volta tornato dalla sua esperienza militare, FUTURA 2000 riprese la sua attività e nei primi anni Ottanta mise in pratica la trasformazione di cui stavamo parlando: non una transizione allo stile selvaggio, come era solito all’epoca, ma una transizione alla pittura astratta, in la cui firma si restringe, si fa da parte e ritorna al suo precedente ruolo accessorio. Questo processo è evidenziato da due esempi in particolare. Uno è un pezzo fatto su un muro di Amsterdam, in cui l’opera coincide ancora con una parvenza di firma, ma quest’ultima appare come “disintegrata”, spezzata in molti frammenti sparsi e attraversata da linee, punti e bagliori: tutti questi sono elementi costituzionali nello stile di FUTURA 2000. Il secondo esempio è considerato all’unanimità come il vero punto di svolta nella produzione dell’artista: un intero pezzo di automobile noto come Break ed eseguito su un treno, poi fotografato da Martha Cooper. Qui, la firma ha lasciato il posto principale a favore di tutti quegli elementi stilistici che rendono riconoscibile la mano di FUTURA 2000: una metamorfosi unica di aloni cromatici, interrotta dall’unico elemento figurativo – una sorta di crepa nel mezzo dell’auto, che dà il nome all’opera d’arte.
Citato da Ivor Miller, FUTURA 2000 ha commentato quel lavoro specifico: “Non ho bisogno di vedere FUTURA qui, ora voglio vedere solo il colore. Voglio vedere un paio di elementi di design che le persone metterebbero nei loro pezzi e vedere cosa ci riserva. È interessante? Ed era, era quasi un dipinto ”.

Invito per la mostra di Futura 2000 alla Fun Gallery, 1983
La metamorfosi visiva che ha avuto luogo su quel vagone può essere simbolicamente letta come la più importante: una metamorfosi che riguarda tutto il mondo, sanzionandone la consacrazione come pratica pittorica sotto tutti gli aspetti. Infatti, nella breve ma significativa storia della storia di New York, Break rappresenta un punto in cui, per la prima volta, la scrittura rinuncia alla sua natura alfabetica in nome dello stile puro, entrando così in una storia molto più ampia: la storia di avanguardie pittoriche dove – come osserva Arthur C. Danto – da Manet in poi l’arte diventa sempre più autoreferenziale e inizia a riflettere su se stessa e sulle proprie possibilità tecniche ed espressive. Che si tratti di pareti o tele, il più grande contributo di FUTURA 2000 a tale storia è che ha “nobilitato” la vernice spray e le ha dato la stessa dignità del pennello, permettendo così alla scrittura grafica di esplorare e superare i propri limiti. In effetti, ha enfatizzato e sfruttato un potere peculiare della bomboletta spray e fuori dalla portata del pennello: la polverizzazione del colore, che consente allo scrittore-pittore di giocare con i lucidi, di sovrapporre linee perfettamente nette a sfondi rarefatti, in un equilibrio etereo in cui elementi pittorici flou ed elementi ornamentali si alternano a vuoti luminosi e aree fumose.
Molti critici in passato hanno avvicinato il nome e lo stile di FUTURA 2000 a quello di artisti prestigiosi e ai loro stili: soprattutto all’astrattismo di Wassily Kandinsky o ad espressionisti astratti come Jackson Pollock. Richard Goldstein e Joe Lewis hanno insistito in particolare sul confronto con il pittore russo, sia dal punto di vista estetico che concettuale: Lewis ha sottolineato il ruolo della musica – Schönberg per Kandinsky, The Clash’s per FUTURA 2000 – nel processo creativo e pittorico; d’altra parte, dalle colonne di Village Voice nel 1980, Goldstein sosteneva che i “gruppi di cerchi” nelle opere di FUTURA 2000 “suggeriscono chiaramente Kandinsky forse perché è lì che Futura ha incontrato per la prima volta queste forme”. Eppure l’artista stesso ha dichiarato, come riporta Margo Thompson, di aver visto per la prima volta un dipinto di Kandinsky solo diversi anni dopo.

Futura 2000, Untitled, 1980
Tali confronti sono in realtà fuorvianti e sembrano più goffi tentativi di “nobilitare” la scrittura grafica utilizzando categorie completamente estranee ad essa. Sia i dipinti coltivati dei primi del Novecento prodotti da Kandinsky che i pezzi jazz e bianchi del cubo di Jackson Pollock non hanno nulla di paragonabile all’arte prodotta da FUTURA 2000, semplicemente perché quest’ultimo proviene da un mondo completamente diverso. L’astrattismo di FUTURA 2000 è, infatti, il prodotto di una società urbana e postindustriale: una società – come osservato dal filosofo francese Henri Lefebvre – che ha generato modi di vivere segregativi e disfunzionali, e dove la scrittura è nata per creare il diritto allo spazio pubblico in un modo senza precedenti, giocoso e creativo. L’astrattismo di FUTURA 2000 proviene da non luoghi e non superfici, da scintille e pozzanghere, da crepe sui muri e fumi che salgono dai treni in partenza; proviene dai rumori meccanici e metallici che risuonano dal contatto tra rotaie e carri; proviene dai fumetti e dai cartoni animati che alimentavano l’immaginazione dei giovani scrittori, dalle mitologie fantascientifiche derivate dalla conquista dello spazio e dalle nuove distopie generate dalla minaccia nucleare. L’abbiamo già visto: che si tratti di strada o su tela, l’astrattismo di FUTURA 2000 subisce l’interferenza di numerosi elementi ornamentali che ci aiutano a decifrare le origini dell’artista e situarle in questo mondo e in queste stesse immagini.
Tali elementi possono assumere la forma di alberi o aste di gru, di ingranaggi e di lame circolari, di atomi e di veicoli spaziali, di bombolette spray e di alieni (il cosiddetto “Pointman”): sebbene provengano dalla vita quotidiana urbana e dall’immaginario di fumetti e cartoni animati, non dovrebbero indurci ad attribuire l’arte pop di FUTURA 2000 – e l’intero movimento grafico con essa – alla pop art. Quest’ultima è nata infatti con un preciso programma concettuale, volto a trasformare un luogo comune – sia esso un prodotto da supermercato o un personaggio comico – in un soggetto degno di apprezzamento estetico. Nella scrittura di graffiti, e più che altrove nell’astrattismo urbano di FUTURA 2000, quello stesso luogo comune svolge un ruolo completamente diverso: non semplicemente i contenuti, né le dichiarazioni in una sorta di manifesto artistico, ma la vera “materia” da cui – come Heidegger lo inserisce nella citazione che introduce questo testo: l’opera d’arte attinge e riesce a “aprire una regione” e “a fondare un mondo”. Quando si comportano come elementi costitutivi originali di un’opera d’arte, cose banali come quelle che abbiamo elencato cessano di esistere come luogo comune e iniziano a rivelare ciò che, in verità, il mondo da cui provengono è un mondo urbano postindustriale e il non luoghi che ha generato.
Heidegger ha definito un tale processo “disincanto”, e riguarda anche l’arte di FUTURA 2000, poiché ci dà l’opportunità di trascendere le categorie attraverso le quali di solito consideriamo graffti. In altre parole, ci permette di guardare attraverso gli aspetti etnografici, sociali e politici del fenomeno dei graffiti, e di vedere i valori formali ed estetici che si nascondono dietro di loro. Per rivelare un mondo come pochi altri e per aver reinventato la scrittura come pittura, FUTURA 2000 è uno di quegli artisti che le istituzioni di oggi – musei, centri di ricerca e critiche soprattutto – dovrebbero riconsiderare come punto di svolta in un nuova comprensione della storia della scrittura grafica.
ART FROM THE STREETS
- Autore: Magda Danysz
- Formato: Softcover
- Pagine: 232
- Data di pubblicazione: Gennaio 2018
- Lingua: Inglese
CROSSROADS
- Autore: Alice Pasquini
- Formato: Softcover
- Pagine: 324
- Data di pubblicazione: Dicembre 2019
- Lingua: Inglese, Italiano
FUTURA 2000 FULL FRAME
- Autore: Futura 2000, Magda Danysz, Vittorio Parisi
- Formato: Copertina
- Pagine: 242
- Data di pubblicazione: 2018
- Lingua: Inglese
VECCHIA SCUOLA
- Autore: Marco "KayOne" Mantovani
- Formato: Copertina
- Pagine: 464
- Data di pubblicazione: Luglio 2017
- Lingua: Italiano