Descrizione
Tappeti Volanti
Tappeti Volanti, ottavo volume realizzato in collaborazione con l’Accademia di Francia in Roma e catalogo dell’omonima mostra. Tapis Volants, realizzata in collaborazione con il Centre Pompidou, les Abattoirs – Frac Midi-Pyrénées, il Musée des textiles de Lyon, il Musée Jacquemard André, il Musée du quai Branly e Amundi, è una mostra curata da Philippe-Alain Michaud, storico e teorico dell’arte, e attualmente conservatore incaricato della collezione audiovisiva presso il Musée national d’art moderne Centre Georges-Pompidou di Parigi.
Portare in vita le superfici
Che cos’è un Tappeto Volante? Una dimensione mitica, un’espressione favolistica, ma anche la definizione della natura volatile e cangiante di un’opera dell’artigianato che nelle sue migliori espressioni diventa progetto artistico intellettuale. Così nasce la mostra Tapis Volants, un viaggio dall’Est all’Ovest del mondo, tra passato e presente. Un’interpretazione dell’arte moderna e contemporanea che muove dalla definizione multipla della nozione di tappeto e della sua eco nell’arte del XX secolo. Tapis Volants è un termine della tradizione orientale, associata all’idea di levitazione, magia e nomadismo. Il tappeto, tessuto arrotolato e successivamente srotolato, è la metafora della scrittura e della musica, della preghiera e della guerra. E’ oggetto del peregrinare e del viaggio, testimonianza della vita nomade a cui appartiene. L’arte del ventesimo secolo ne ha subìto la fascinazione e la mostra racconta come.
Tessere storie
Scrive il curatore Michaud: “Tapis Volants raccoglie e confronta tappeti reali che, attraverso la loro funzione (tappeti di preghiera, tappeti di guerra, tappeti-giardino), la loro tessitura (tappeto di seta bouqalemoun) o la loro composizione (in grille, in semis, centrati attorno a un medaglione), producono un effetto d’animazione delle superfici – con alcuni film, come quelli realizzati con la tecnica ornamentale del “batik” (Harry Smith, “Abstractions”), o come le composizioni monocrome ispirate ai tracciati lineari delle coperte navajos (Paul Sharits, “Nothing”), o la pellicola su cui fili d’erba, foglie e ali dei coleotteri sono incollati seguendo la tecnica dei tappeti-giardino (Stan Brakhage, “Mothlight”), o le inversioni positive/negative che producono effetti identici ai “motifs rentrants” (Peter Kubelka, “Adebar”), o i complessi intrecci di bordure di Hans Richter in “Rythmus 21”.
Stampato in Italia

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