Il pittore e writer di graffiti americano JonOne JonOne ci racconta che non ha nessuna intenzione di fermarsi
di Virginia Villari
Ho incontrato JonOne alla preview della sua prima mostra a Roma, ed è stata l’occasione per raccogliere questa intervista. È sbucato dagli anfrati di Palazzo Velli un po’ spaesato, con un’aria fanciullesca di stupore e meraviglia impressa sul viso. Come prima cosa, mi ha mostrato un video, girato la sera prima a Parigi, in cui lui e i suoi amici bevevano e reppavano sulle note dei Suprême NTM. Niente male come introduzione per capire JonOne l’uomo: alla mano, umile e gentile.
Come immaginavo, il discorso ha virato presto verso New York, città dove lui è nato e cresciuto e dove io ho abitato per quasi un decennio. È cresciuto ad Harlem, dove ho vissuto quando mi sono trasferita in città, e questo mi ha subito aiutato ad immaginarlo compiere la sua arte sulle strade e i treni del quartiere. Il 54enne è uno dei pionieri del graffiti writing, uno di quegli artisti che ha inventato questa espressione creativa e che ci tiene affinchè non la si chiami “street art”. Le sue opere, incluse quelle create appositamente per la mostra Romana, mantengono inalterata quell’energia primitiva e l’immediatezza dei suoi primi tag. Non solo per via dell’ossessiva ripetizione del suo nome, quanto anche per la spontaneità del gesto creativo che evoca. Da artista maturo, JonOne ha ampliato la sua pratica artistica, cimentandosi nella sua versione “graffiti” degli action painting di Jackson Pollock. All’anteprima, ha dipinto dal vivo davanti al pubblico, dimostrando con quell’esibizione come non sia davvero possibile separare la sua arte da sé stesso. Le tele di JonOne sono autoritratti, manifestazioni del suo cuore e dell’anima nonché immagini riflesse dell’artista nei diversi momenti e fasi della sua vita. L’intervista sembrava una rimpatriata con un vecchio amico. Abbiamo parlato dell’Italia, della paternità, dello stile di vita dell’artista, della vita notturna, di come conciliare la vita familiare e un programma fitto di impegni e ovviamente della “street culture” dal formidabile punto di vista di uno dei suoi artefici.

Chi sono i tuoi autori di graffiti italiani preferiti?
Quello che mi balza sempre in testa è Blu. Quello che fa è semplicemente incredibile. Poi c’è la “mia gente”, li adoro: la coppia nota con il nome di “Microbo”, sono miei amici e parte di mia squadra Italiana. Li conosco molto bene perchè un tempo venivo in Italia piuttosto spesso, sai? L’Italia era semplicemente il posto giusto dove essere.
Di quali anni parli?
Io venivo qui nell’87. Ma prima di me il mio caro amico A-One era solito venire qua. Quindi cominciammo a viaggiare in Italia insieme qualche volta andando in giro ad ammirare la forte cultura hip-hop del posto. Ricordo ad esempio il negozio Wag a Milano. Era uno dei motivi principali che ci spingeva ad andare in quella città. Sai chi altro era là? Quel rapper, Giovanni (Pellino aka Neffa ndr.). Lui è diventato un grande pop star…
Dovessi identificare una qualità specifica della scena Street in Italia, quale sarebbe?
Il romanticismo è indubbiamente un filo conduttore importante della tradizione pittorica italiana. Il loro modo di vedere la vita…è senza dubbio particolare, capisci? Qui si trovano anche molti artisti hardcore, specialmente a Roma. Penso ci sia un Jon anche in questa città…
Si è vero! In effetti lo conosco, faceva parte di un gruppo con cui sono uscita alcune volte.
Dipinge su i treni molto spesso.
Sai che Roma è una delle città con più graffiti in Europa?
Ah si? Wow. È ancora così?
Si certo. Alcuni treni sono ancora ricoperti.
Ah wow, voglio vederli!
Assolutamente! Dovresti vedere la metro linea B.
Sai, penso che questo sia uno spazio particolarmente problematico per una mostra
In che senso?
Ci sono un sacco di distrazioni per gli occhi, cerchi di guardare i dipinti ma poi vedi questo (indicando i tubi di metallo sul soffitto), poi vedi quello (indicando le mattonelle del pavimento) e tutte le altre straordinarie cose qui dentro (guardando il vecchio affresco sulla finestra dietro di noi).
È uno spazio che ha già grande carattere da solo.
Sì, quel tipo di situazione.
Cosa trovi più stimolante di Roma?
Innanzitutto, stare qui mi rende tremendamente felice! È un sogno che si avvera! Mi ricorda un po’ Parigi perchè è semplicemente bella. Sono in una città vecchia e adoro ammirare il contrasto tra Vecchio e Nuovo. Non pensavo onestamente che ce l’avrei mai fatta a sfondare a Roma!
Penso quel contrasto di cui parli tra vecchio e nuovo che hai appena menzionato stia succedendo proprio in questo momento con i tuoi pezzi in mostra all’interno di un palazzo medievale.
È assolutamente vero! È una cosa folle! Guardo il mio lavoro quasi con occhi nuovi…e mi piace!

Assolutamente. È come se avessero una nuova cornice.
Le tue opere presentano colori gocciolanti e ampi spazi cromatici, caratteristiche che mostrano una forte influenza di correnti come l’espressionismo astratto e l’action painting, reso celebre da Jackson Pollock.
Si, amo gli schizzi di colore!
C’è qualcos’altro o qualcun altro che consideri fonte di grande ispirazione e quali sono le tue influenze visive
La mia vera ispirazione è la vita che vivo. E sono molto serio al riguardo, perché puoi essere influenzato solo dall’arte stessa in questo modo. Ma dopo un po’ la tua arte deve parlare, e ciò di cui la mia arte parla è la mia vita. Questa è la mia vita, capisci? (indicando il dipinto di fronte a noi) Gli schizzi, i colori, il movimento e l’energia: questo è ciò che vivo ogni singolo giorno ed è difficile portarlo dentro. È come un vulcano che è dentro di te e che non smette mai di eruttare. Il mio stile di vita riflette la mia pittura ed esso è sempre in movimento, sempre alla ricerca di nuovo stimoli. Ho l’opportunità di vedere molte cose belle e incontrare molte persone interessanti che mi ispirano ogni singolo giorno. Quindi sono una di quelle persone da considerare fortunate.
Saresti d’accordo se dicessi che il contenuto principale del tuo lavoro sei tu?
Si assolutamente, e mio stile di vita.
E tua arte in qualche modo lo rispecchia?
Si, proprio per questo non faccio altro che scrivere “JonOne”. È se vuoi un sentimento egocentrico, come se il Mondo ruotasse intorno a me. E questo non è facile, è addirittura orribile per le persone che mi circondano perché tutto pare essere tarato sulla mia persona ed il mio stile di vita.
Però non è veramente così. Sono sempre interessato nelle persone che ho intorno, chiedendomi come va la loro vita, cosa provano, etc.
Sei curioso di tutte le storie di vita che le persone hanno da raccointare…
Si, perchè questo Mondo è pazzo ma sicuramente anche molto eccitante. Sono di fronte a questa opera d’arte e mi sta piacendo ogni giorno di più…
Sì, perché tutti i dettagli emergono nitidamente con il tempo. È una sorta di evoluzione senza sosta: più a lungo guardi, più cose vedi.
La ripetizione ossessiva del tuo nome o di un certo schema può considerarsi prt te una sorta di meditazione, come recitare un mantra?
Si, esatto! Guarda a questa pittura, (“Blank Stares”, 2018); è quasi come sfiorare la follia. Vai in uno stato profondo, come in trans, una dimensione spirituale. Ma va ben oltre la meditazione. C’è qualcosa di più aggressivo. Con quest’altro (“Cactus”, 2018) ho voluto creare qualcosa di quasi quasi invisibile, che quasi non si nota nemmeno. Puoi passarci accanto ogni giorno e non accorgertene, ma vive con te, sta sul muro ed è in armonia con lo spazio intorno a te. Funzionerebbe in uno di quegli appartamenti vicino alla spiaggia o in uno spazio minimal con molta luce e non troppa distrazione.

Penso che sia una buona idea, dato che Roma e Milano non sono affatto così. Le persone e gli stili non sono uguali. Ciò che hai creato per questo spettacolo è più locale e specifico per questa città.
Si. E quindi penso di essere un po’ jazzy. Sai che scrivevo “Jazzy JonOne”? Era il mio tag un tempo, perchè ero sempre un po’ jazzy e intento a creare cose un po’ folli…
Quindi, questo modo libero di comporre musica jazz è un riflesso del tuo processo creativo?
Si…anche trasferirmi a Parigi è stato un po’ influenzato dai musicisti jazz.
Ah si?
Si! Perché, all’epoca, negli anni 80’, gli autori di graffiti erano ma malvisti. Ora la chiamano “street art” ed è tutta un’altra storia…Tutti dicevano “che cos’è quella merda? È vandalismo!” Non potevi lavorare da nessuna parte. Dicevano “torna a scuola e fai qualcosa!” Quindi ho seguito la tradizione dei musicisti jazz, perchè anche loro erano malvisti in America e tanti di loro si sono trasferiti in Europa. Tanti musicisti come Nina Simone, Miles Davis, Charlie Parker. E la Francia aveva una grande tradizione nell’accogliere i musicisti jazz perchè li apprezzavano veramente. Era come la musica hip-hop a New York. Nessuno avrebbe reso Jay-Z mainstream. All’epoca non apprezzavano la musica rap, nemmeno MTV passava il rap.
Ricordo che c’era tanta musica rock e grunge su MTV. Forse solo un programma dedicato all’hip-hop…
Si, “Yo MTV”
Esatto!
E quello era un po’ tutto. Ma non potevano certo fermare l’energia della musica rap perché era qualcosa sospinto da uno spirito internazionale e ora infatti il rap è ovunque nel mondo.
Ovunque! In Italia è diventato enorme. È in giro da un po’ di tempo, ma è da un decennio che ha raggiunto lo status di mainstream.
Quindi ti sei sentito un po’ emarginato negli Stati Uniti e hai trovato un posto migliore in Europa?
Si, ho finalmente trovato gente folle come me! Anche in Italia, quando venivo negli anni 80’, ho trovato le persone molto più aperte. Le persone mi apprezzavano. E crescevamo da quello. Andavo in una discoteca a Milano che si chiamava Plastic. Mi ricordava Area, Studio 54 o Danceteria a New York. Era l’epoca della discoteca e Plastic sembrava il posto dove essere.
Sì, Milano ha ancora adesso una fantastica vita notturna.
E tutti erano cosi…italiani! Mi divertivo tanto a Milano.
Io penso che adesso la miglior città per festeggiare sia Berlino.
Si? Tu ci vai?
Si! Ho dei cari amici là. Altri amici viaggiano spesso lì nei fine settimana per festeggiare. Sai a Berlino alcuni club aprono il giovedì e chiudono il lunedì!
Pazzesco!
Si, e pericoloso!
Quale la miglior discoteca?
Berghain! È davvero un’esperienza unica!!
È facile o difficile entrare?

Beh, il punto è questo: c’è una selezione all’ingresso, ma è molto particolare. Non importa il modo in cui sei vestito, quello che controllano è il tuo portamento e il tuo stile, ma soprattutto se essi sono compatibili con la festa che è in atto una determinata notte. Ti guardano e capiscono se sei o meno adatto a quella festa. Una volta siamo andati con mio marito, siamo entrati e, una volta dentro, ci siamo resi conto che c’era un certo tipo di armonia tra le persone, come se avesse senso logico. Ho amici che sono clienti abituali, ma a volte non ce la fanno ad entrare e questo è semplicemente perché non è il loro tipo di festa.
Ma andiamo avanti. Se dovessi scegliere, cosa ti ispira di più: muro o tela? strada o galleria?
Adesso, a 54 anni, quello che mi ispira di più è fare esibizioni. Anche in uno spazio come questo, riesco a sedermi e ammirare le mie pitture per ore. Adesso ho parlato per circa 20 minuti e continuo a guardarle mentre ti parlo. Sembra assurdo, ma veramente mi fa percepire il mio lavoro in modo diverso. Perchè non ho mai modo per farlo. Non è possibile avere questa tipo di esperienza quando sei su un treno…
Hai lavorato con importanti istituti d’arte ma anche con marchi commerciali molto famosi (Perrier, Hennesy, Lacoste e Rolls Royce). Quale settore ti concede più libertà artistica?
Non ne sceglierei uno. Io direi che avere la possibilità di esprimermi è già di per se’ la cosa più importante. Quindi non faccio differenza tra opere commerciali e mostre. Ti danno semplicemente possibilità diverse di raggiungere palcoscenici diversi per le tue opere. Essere un artista dell’astrattismo, può avere i suoi limiti e quindi essere in grado di sfidare il mio lavoro e applicarlo a molti contesti diversi è la miglior esperienza di apprendimento.
Spesso il mercato dell’arte costringe gli artisti a mantenere le formule creative che hanno avuto successo commerciale. Hai avuto questo tipo di esperienza? Hai trovato il mercato dell’arte più restrittivo in termini creativi rispetto ai grandi marchi commerciali?
Quando lavori con i marchi è più come una collaborazione. Lavori metà per te stesso per metà per il marchio aiutandoli a vendere il loro prodotto. Mi ritengo davvero fortunato ad essere stato contattato per un lavoro commerciale. Sono stati molto rispettosi e comprensivi nei confronti della mia arte. E questo mi ha concesso la libertà artistica, ma a volte è stato anche molto impegnativo perché mi è stato chiesto di fare cose che sono molto diverse dalla pittura su tele o pareti alle quali sono abituato. Ma, tutto sommato, è arricchente poter espandere la propria dimensione artistica e questa è sempre una grande esperienza. Certo, ci sono cose che non farei. Come lavorare per Coca-Cola o McDonald’s. Ma non sono affatto un artista commerciale. Non lo cerco. La mia vera passione è realizzare dipinti.
Beh, semmai, rendi questi marchi meno commerciali!
Sì è vero!
Che tipo di consiglio daresti al te stesso giovane, quando ha iniziato a realizzare graffiti?
Fare o morire! Il che ci riporta al titolo stesso dello spettacolo. Niente mi può fermare. È sempre lo stesso consiglio.
È questa la lezione che daresti alle giovani generazioni di autori di graffiti?
È un mondo così diverso da quello in cui sono cresciuto, capisci? In un certo senso è più semplice per loro, ma in un altro è molto difficile. Il mercato è più maturo ora. C’è molto più interesse, più collezionisti coinvolti e molte più opportunità. Ma questo significa anche che (il mercato) è più competitivo ed esigente. C’è troppa pressione … Sono solo molto fortunato ad essere uno autore di graffiti della vecchia scuola, che è ancora intorno ai giovani!
Puoi darci un’anticipazione dei tuoi progetti futuri?
Well! Vado in Cina per un’esibizione, simile a questa.
Dove in Cina?
Hong Kong, parto martedì! Ma sarà comunque uno completamente diverso rispetto a quello di oggi, semplicemente perché sarà in Cina! E questa differenza sarà sicuramente arricchente. Poi, a giugno, ho un grande spettacolo al Palais de Borse di Marsiglia. Farò anche un grande spettacolo a Parigi tra 3 settimane.
Sono tutte mostre personali?
Sì. La mostra di Parigi sarà a Le Marais in uno spazio davvero molto bello. Farò anche Art Paris, la fiera d’arte. Poi a luglio potrei tornare a Hong Kong per lavorare di nuovo con Hennessy.
Un programma così impegnativo, che emozione!
È divertente dirlo perché, a gennaio paradossalmente non avevo impegni fissati! Sono un freelance, capisci? Vai in cerca di opportunità, inventati situazioni e poi tutto avviene in una volta. E io sono tipo da dire: facciamolo!
JONONE NIENTE PUÒ FERMARMI
- Autore: JonOne
- Formato: Softcover
- Pagine: 60
- Data di pubblicazione: Marzo 2018
- Lingua: Inglese, Italiano
JONONE: BOX SET EDIZIONE LIMITATA
- Autore: JonOne
- Formato: Softcover
- Pagine: 60
- Data di pubblicazione: Marzo 2018
- Lingua: Inglese, Italiano