Di Danielle Marie Hurren
Ero affascinata. Ho letto molto sulla tua storia, sulla tua vita, sul tuo vissuto e ciò mi ha interessato particolarmente è il lato politico delle cose. Puoi parlarci di questo aspetto del tuo lavoro?
È in relazione a questo libro (“Crash Kid, A Hip-Hop Legacy”), perché rappresento la seconda generazione di persone nate in Italia e i cui genitori provengono da altri paesi e ne parlo ogni giorno della mia vita. È il mio lavoro. Parlo di un’Italia multiculturale. Lo rappresento nel libro che ho scritto (Vivo per questo, edizioni Chiarelettere), come rapper; ne parlo molto nelle mie canzoni.
Questo è ciò che amo del tuo lavoro. Per me questo è il messaggio profondo del tuo lavoro. L’origine del rap o dell’hip-hop deriva dal senso di un artista che è privato dei propri diritti. Hai intenzione di riportare il rap su questa causa fondamentale?
Assolutamente. In Italia la situazione è diversa. Ora, in questo periodo, in questo momento storico, molti anziani italiani hanno una vecchia mentalità. Non possono accettare persone come me, ad esempio, chiamate Amir. Volti diversi, pelle diversa. Io sono italiano puro. Cento per cento. Nessun dubbio. Ma la gente pensa che tu sia italiano, se il tuo sangue è italiano. Tua madre, tuo padre. Parlo di questa situazione nel mio testo del libro (“Crash Kid, A Hip-Hop Legacy”). Quando aprii il libro per la prima volta, ciò che vidi furono le foto di Massimo Colonna e degli amici. Un sacco di foto, facce nere, molti paesi rappresentati. E queste non sono le foto di questi anni, ma la prima era dell’Hip-Hop in Italia.
Penso che l’Hip-Hop attiri questo. Culture diverse e senza discriminazioni. Perché, nell’Hip-Hop, la cosa più importante è lo stile. Il tuo stile è più importante delle tue radici. Non è importante la tua religione, la tua famiglia, da dove provieni. L’Hip-Hop non si cura di questo, l’Hip-Hop riguarda le persone.
E Crash Kid è stato uno dei primi a Roma ad avere questa mentalità. Questa strategia. Ho vissuto e studiato l’Hip-Hop ed ero davvero un bambino, quando ho incontrato “Crash Kid”. Avevo tredici anni, quattordici anni.

Quando hai incontrato per la prima volta Crash Kid?
Forse erano i primi anni degli anni novanta quando conobbi Crash Kid. E Crash Kid, per me, era come un maestro. L’ho scritto nel libro, nelle pagine del libro. La società intorno a me aveva paura di me. Mio padre era in prigione, era un criminale, e io provenivo da un ghetto chiamato Torpignattara. È un quartiere di Roma. ma la società intorno a me non mi riconosce come italiano. La mia faccia è diversa, la mia pelle è diversa. Ma Crash Kid, non aveva paura di me. Crash Kid mi ha preso come amico. Perché l’Hip-Hop è come una famiglia. Il nome di mio padre, la mia religione, se sono ricco o povero. Non importa. Solo lo stile. Breaking o graffiti. Ho fatto graffiti per molto tempo eassieme a una crew di Roma chiamata TRV. Crash Kid è il mio maestro. Immagina un mondo senza internet, senza social media, negli anni ottanta, era difficile conoscere la musica Hip-Hop in Italia. Cultura Hip-Hop, niente. Ricordo solo un sottogruppo di giovani in giro per il centro, intorno a via Veneto. Facevano parte di una famosa rivista di musica rap. Ma Crash Kid, per me e per i miei amici, era come avere Internet. Perché lui ha viaggiato molto, parlato con altre persone negli Stati Uniti, in Inghilterra, Francia, Svizzera, in Europa. E quando è tornato, io e i miei amici, bambini, ascoltavamo, volevamo capire, volevamo sapere la storia, volevamo vedere le foto. Questa è la magia della cultura Hip-Hop; essere un linguaggio universale. Ora anche io ho viaggiato per il mondo. Ho incontrato persone in Giappone, negli Stati Uniti, in Inghilterra. Senza differenza, senza discriminazione. Questa è la cosa più importante di questa situazione, penso.
Qual è il periodo che separa Crash Kid e la tua carriera hip-hop?
Ora ho quarant’anni. Ho iniziato quando avevo quattordici anni e il periodo era l’inizio degli anni novanta. Era il ’91, il ’92. Crash Kid fa parte della generazione precedente. Il vero inizio della cultura Hip-Hop a Roma.

Adoro quello che hai detto su questo mix di culture. Che è l’obiettivo dell’hip-hop, che mette insieme tutti i suoni di culture diverse e rappresenta la musica più multiculturale che ci sia. Un modo per combattere le piccole mentalità, come quando le persone decidono che non sei di qui, che non appartieni a questo posto… è un giudizio molto rapido e come lo combatti? Capisco che devi avere diciotto anni per lottare per la cittadinanza. Qual è la tua visione e speranza per il diritto di cittadinanza italiana?
Ho realizzato diversi album musicali. Ma la prima cosa per me è stata la breakdance. Perché con la breakdance e dopo i graffiti, ti esprimi senza parole. Senza lingua. È diverso. Quando ero bambino non volevo esprimermi con il linguaggio, perché non volevo raccontare la storia di mio padre, di mia madre. L’Hip-Hop per me era come una zona franca. Un’area sicura. Le persone intorno a me non mi hanno mai giudicato, se non per il mio stile. Breakdance, graffiti e rap. Questo è importante per un ragazzo come me. Mi hanno insegnato molte cose.
È liberatorio. Se conosci le mosse, indossi i vestiti, a nessuno importa altro. Cosa speri per l’Italia? Qual è la tua speranza per l’Italia in senso politico? In questo momento, come speri che l’Italia cambi? Qual è la tua visione?
In Italia né i politici né il governo, hanno ora una legge sulla cittadinanza per le persone nate nel Paese.

Sei un cittadino?
Sì, ho la mia carta d’identità perché mia madre è italiana. È più facile. Tuttavia, ho molti amici che hanno due genitori di paesi diversi e non hanno un documento di identità. Quando hai diciotto anni, ci provi, ma è davvero difficile. Tutto ciò è pazzesco. Tu vai a scuola. È la tua lingua madre. Sì, la tua lingua madre ma il tuo viso è nero. Quindi non sei italiano. In qualsiasi altro luogo, questo non è possibile, pensiamo alla Francia. L’Italia ha molta storia e una sottocultura… una “sottostoria”. E questo non piace a molte persone. Molte persone anziane che non vogliono evolversi. Il loro modo di pensare è vecchio. È antico.
CRASH KID | A HIP HOP LEGACY
- Autore: Napal & Ben Matundu
- Formato: Softcover
- Pagine: 320
- Data di pubblicazione: 2019
- Lingua: Inglese, Italiano
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- Autore: Estevan Oriol
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